Ci viene segnalato e abbiamo riscontrato, che si sta procedendo a revoche di incarichi annuali o di supplenze temporanee con provvedimenti che contengono premesse generiche e non dettagliate in rifermento alla specifica fattispecie e alla specifica posizione dell’aspirante.
Questi provvedimenti sono illegittimi.
L’art. 3 della legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990, come modificata dalla l. n. 15/2005) ha recepito l’istanza volta alla generalizzazione dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi (la graduatoria per il conferimento delle supplenze e del tutto assimilabile ad una procedura concorsuale, seppur per titoli), dettando puntuali indicazioni sulla struttura della stessa (che deve «indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria»), ed escludendo dall’obbligo solo gli atti normativi e quelli a contenuto generale.
Il co. 3 dello stesso articolo ha altresì disciplinato la motivazione per “relationem”, prevedendo che, qualora le ragioni della decisione risultino da altro atto dell’amministrazione, richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima debba essere indicato e reso disponibile anche l’atto cui essa si richiama. L’omessa esternazione del percorso giustificativo e dell’iter logico seguito dall’amministrazione determina pertanto l’illegittimità del provvedimento.
Il carattere obbligatorio della motivazione produce dunque effetti rilevanti con riferimento (soprattutto) alla tutela giurisdizionale: ai sensi dell’art. 3 della citata legge, la mancanza della motivazione, o l’omessa indicazione delle ragioni che hanno indotto l’autorità ad adottare l’atto, costituisce un vizio del provvedimento che può portare al suo annullamento per violazione di legge.
E’ soltanto attraverso la motivazione, che la P.A. rende ragione del modo in cui ha svolto la propria funzione.
Con il conseguente effetto che la previsione dell’obbligo di motivazione viene oggi strutturalmente riconnessa alle ‘risultanze dell’istruttoria’, sicché attraverso la motivazione l’autorità amministrativa dovrà rendere ragione del modo in cui ha svolto la propria funzione
Non è bastevole affermare e rifarsi alla sentenza 2281/2002 del Consiglio di Stato, laddove si specifica che non si rende necessaria una motivazione dettagliata dei presupposti di fatto e delle argomentazioni giuridiche a supporto dell’atto quando l’iter logico che ha portato al provvedimento finale sia agevolmente desumibile dall’istruttoria amministrativa. Infatti, la revoca di una conferimento di supplenza, se non debitamente motivata, ovvero insufficientemente o priva della adeguatezza della motivazione è censurabile anche per eccesso di potere in uno dei suoi profili sintomatici.
La motivazione deve essere esternata chiaramente attraverso espressioni idonee, e deve essere percepibile all’esterno, ai soggetti nella cui sfera il provvedimento va a incidere.
La Giurisprudenza in materia ha ampiamente chiarito che la motivazione risponde e svolge varie funzioni, fra cui quella della garanzia del cittadino (aspirante alle supplenze) nei confronti dell’operato della pubblica amministrazione, ma che va soprattutto riconosciuta come fondamentale strumento per l’interpretazione e, non da ultimo, per il controllo dell’esercizio del potere amministrativo, nonché per l’accertamento giudiziale dell’atto conseguente.
L’obbligo di motivazione risponde, in sintesi, alla duplice esigenza di consentire da un lato, agli interessati, di conoscere le giustificazioni del provvedimento adottato e quindi di poter difendere i propri diritti e, dall’altro, di rendere possibile al giudice l’esercizio del suo sindacato sulla legittimità del provvedimento stesso.
Per quanto sopra esposto è evidente che il provvedimento di revoca della supplenza deve contenere ed elencare le motivazioni specifiche che determinano l’emissione dello specifico atto da parte dell’Amministrazione Scolastica, altrimenti l’atto è illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere, con le ovvie conseguenze in sede giudiziaria.