RINNOVO CONTRATTO PERSONALE DELLA SCUOLA

Il tanto decantato Atto di Indirizzo del Ministro Bianchi, inviato all’ARAN per l’apertura delle trattative per il prossimo CCNL, intenderebbe affrontare antichi e mai risolti problemi della scuola come quello della formazione, dello sviluppo della carriera, del riconoscimento dell’orario di servizio reso al di fuori dell’orario cattedra, degli aumenti salariali, del nuovo inquadramento professionale ed economico per il personale ATA, per citare soltanto le questioni più annose.

Il Ministro ha presentato alle OO.SS. rappresentative la sintesi dell’Atto di indirizzo, che ha suscitato tante perplessità, fatta eccezione per la CISL che ne ha apprezzato il contenuto ritenendo l’atto un’apertura al confronto per giungere ad un contratto di svolta. 

Esaminiamo i singoli aspetti.

Formazione. Il Ministro, si limita a precisare che si tratta di  un diritto/dovere del personale (ma questo è già definito dal CCNL) e che tale attività deve essere svolta all’interno dell’orario di servizio. Bisognerà attendere il contratto per capire se tale affermazione non si tradurrà in un tranello consistente nell’effettuare la formazione nei periodi di  sospensione dell’ attività didattica ordinaria (Natale, Pasqua, periodi estivi). 

ORARIO DI SERVIZIO Questo è il motivo per cui nelle indagini e nei report europei di comparazione dei sistemi educativi, per i docentI italiani compare soltanto l’orario di cattedra, neanche le riduttive 80 ore funzionali, in quanto sono su base annuale e quindi non confrontabili con l’orario dei docenti europei definito su base settimanale ma inclusivo di tutti gli impegni, o almeno di buona parte di essi. A monte c’è l’altra annosa questione: la docenza è un’attività professionale ? I docenti sono professionisti o dipendenti pubblici ? Non si possono considerare in entrambe i modi a seconda della convenienza del datore di lavoro. 

Valorizzazione carriera docenti.  Decenni di finto dibattito sull’introduzione di un sistema meritocratico che non si limiti ad agganciare la progressione di carriera all’anzianità di servizio hanno prodotto ad oggi soltanto una compressione della carriera, grazie al gioco sporco dell’ulteriore svalutazione  degli anni di preruolo, nonostante le sentenze della corte europea e della corte di cassazione; lo scandaloso bonus docenti renziano, e l’obolo della carta docenti (destinata, tra l’altro, soltanto al personale di ruolo). Questo perché soltanto nella scuola esiste il contratto a tempo determinato per un numero così cospicuo di lavoratori: circa 200.000 docenti a fronte di un totale di un milione di lavoratori. 

O si cambia completamente visione e direzione al riguardo, o sarebbe più dignitoso tacere. Intanto lo stipendio va adeguato al costo della vita, all’orario effettivo di lavoro, alla tanto decantata quanto pretesa  “professionalità” della figura del docente italiano, il più formato d’Europa. Soltanto garantito un dignitoso stipendio a tutti, si può parlare di valorizzazione professionale, anche istituendo una differenziazione delle carriere basata su criteri seri e trasparenti. Un altro aspetto su cui iniziare finalmente a riflettere, sarebbe l’opportunità di affiancare alla figura del docente una figura di supporto, tutor o educatore che sia, per alleggerire chi dovrebbe occuparsi prioritariamente della didattica, da una miriade di adempimenti che lo distolgono quotidianamente dalla sua “missione”.

Su una cosa occorre essere intransigenti: rifiutare le richieste delle OO.SS. dei  Dirigenti Scolastici che chiedono e pretendono di avere un ruolo decisivo nella definizione del sistema premiale. Una cosa è l’osservazione del dirigente scolastico che, se adeguatamente formato anche sotto questo profilo, può valutare un docente al solo scopo di individuare insieme un percorso mirato di crescita professionale. Altra cosa è affidare al Dirigente la scelta dei docenti da “premiare”.

Il Ministro nell’Atto di Indirizzo intende sottoporre al vaglio delle OO.SS. la disciplina del  lavoro a distanza come possibilità di esplicazione della funzione docente, nel rispetto della libertà di insegnamento e nell’ambito delle prerogative degli organi collegiali.  Altra indicazione molto pericolosa considerato il modo in cui da sempre i lavoratori della scuola si vedono aumentare il carico di lavoro senza che il contratto sia chiaro ed esplicito al riguardo e senza che a tale aumento sia mai corrisposto un adeguato e proporzionale aumento della retribuzione. 

Già da un anno siamo quotidianamente in DDI, se intendiamo con tale sigla un sistematico affiancamento del lavoro asincrono svolto nelle piattaforme a supporto della didattica in presenza e del tradizionale lavoro di assegno e controllo del lavoro individuale svolto a casa. Già da tempo, il rapporto con le famiglie non è più limitato ai due incontri collettivi annuali e all’orario mensile di ricevimento – un’ora aggiuntiva tra l’altro non prevista dal contratto – ma si esplica quotidianamente tramite registro elettronico, gruppi social informali, colloqui in presenza e a distanza ogni volta che i docenti o le famiglie ne facciano richiesta perché la collaborazione deve essere costante. Oltre questo, per quanto riguarda la DAD, la funzione docente rischia di diventare un “servizio a domanda individuale”, attraverso cui  la famiglia ritiene di  richiedere, a suo insindacabile giudizio, tale modalità di svolgimento dell’attività didattica..

Personale ATA e DSGA

Si parla di nuovo sistema di riconoscimento professionale e di inquadramento, senza specificare tempi, modi e risorse economiche. È come se ogni Ministro si rendesse conto improvvisamente, almeno a parole, che una parte importante del lavoro di gestione dell’attività scolastica ricada sui DSGA e sugli assistenti amministrativi. Riguardo ai collaboratori scolastici, invece, dell’ipotesi che tale figura debba essere completamente rivista alla luce delle nuove esigenze e problematiche sociali ormai presenti nelle scuole, non vi è traccia. Pare essere rimasti al “bidello” che pulisce i locali . Limitarsi a scrivere nel contratto che “il personale ATA è parte integrante della comunità educante” senza dare seguito in alcun modo a questo enunciato, non ha alcun valore se non quello dell’ennesima presa in giro di un’intera categoria. 

Aumenti stipendiali.

Come si può proporre dopo cinque anni di vacanza contrattuale, di riconoscere al personale scolastico un aumento medio di circa 105 € lordi  per i docenti, ossia circa 65/70 euro netti a regime, e 70 lordi per il personale ATA, ossia 50 netti a regime ? Elemosina. Ricordiamo gli 11 anni di blocco contrattuale (2007-2018) e l’eliminazione di due fasce stipendiali per gli assunti dal 2011.

Caro Ministro la scuola non dimentica ciò che ha dichiarato pubblicamente:  

“Dobbiamo ammettere che per 30 anni sulla Scuola si è sbagliato tutto” […] e non solo per l’emergenza pandemica. Non si può continuare a risparmiare laddove bisogna investire. Il Governo è con me in questo. Costi quel che costi dobbiamo investire per riaprire le scuole. Insegnare (e studiare) sono impegni gravosi: per praticarli occorre qualità non quantità:  due cose i cui risultati sono inversamente proporzionali nell’istruzione. Costringere docenti e ragazzi a scuola nei mesi torridi, col surriscaldamento globale, sarebbe puro e semplice sadismo anche se intendessimo dotare ogni aula di aria condizionata e ogni scuola di piscina come nei College americani. Piuttosto dimostreremo ai docenti italiani la riconoscenza del Governo per il loro lavoro”  “Ai docenti (e a tutti i lavoratori della Scuola, essenziali alla Scuola stessa) riconosceremo un aumento di stipendio di almeno 600 euro mensili netti. Ben al di sotto, lo so, di quei 1200 che separano i nostri docenti da quelli europei.” 

Dichiarazioni che non trovano riscontro negli atti emanati finora, né nell’atto di indirizzo per io rinnovo del contratto. Continuiamo a chiederci: perché, allora, continuare a rilasciare queste dichiarazioni ? A che scopo ?

La scuola non dimentica. 

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