Con la pubblicazione del Decreto-legge “salva-infrazioni”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 giugno scorso, agli articoli 14 e 15 vengono introdotte disposizioni di interesse del Ministero dell’Istruzione e del Merito relativamente al riconoscimento del servizio svolto prima dell’immissione in ruolo ai fini della ricostruzione di carriera e l’estensione del beneficio della Carta del Docente agli insegnanti con contratto a tempo determinato.
RICONOSCIMENTO SERVIZIO NON DI RUOLO
Per quanto attiene al riconoscimento del servizio non di ruolo ai fini della carriera, il decreto modifica le norme contenute nel Testo unico 297/94 .
In sostanza, per i nuovi immessi in ruolo dal 1.9.2023 il riconoscimento del servizio “pre-ruolo” sarà assicurato, sia a fini giuridici che economici, già dal momento della richiesta di ricostruzione di carriera dopo aver superato il periodo di prova e ottenuto la conferma in ruolo. Lo stesso intervento supera anche il problema del riconoscimento integrale, agli effetti giuridici ed economici, dell’anzianità maturata nei servizi prestati dal personale ATA nelle scuole e nelle istituzioni educative statali già in sede di prima applicazione della ricostruzione di carriera, con il conseguente inserimento immediato nella fascia stipendiale corrispondente.
Per capire bene le modifiche apportate dal decreto che, tuttavia, finiscono comunque col penalizzare i docenti con un lungo pre-ruolo, ricapitoliamo la normativa precedente.
Il personale docente della scuola dopo aver superato il periodo di prova può produrre domanda di ricostruzione di carriera ossia, in sostanza, chiedere il riconoscimento dei servizi non di ruolo ai fini della progressione di carriera
Il T.U.297/1994 art.489 stabilisce che, affinché sia riconosciuto come anno intero ai fini della carriera, il servizio non di ruolo deve essere prestato nella scuola statale (a prescindere dal numero di ore di insegnamento) per almeno 180 giorni (anche non consecutivi) oppure ininterrottamente dal 1^ febbraio sino alla fine delle lezioni e partecipazione agli scrutini.
Esempio:
ad un docente che abbia prestato 8 anni di servizio non di ruolo, di cui solo 6 di 180 gg e gli altri 2 di 100 gg sono considerati soltanto i 6 anni. Ma non finisce qui: di tali anni 6 i primi 4 anni sono valutati per intero e i successivi 2 anni per 2/3 ossia 1 anno e 4 mesi, per un totale di anni 5 e mesi 4 ( 4 anni + anni 1 e mesi 4). In sostanza a fronte di 1400 giorni di servizio effettivo il docente si vede riconosciuto anni 5 e mesi 4.
Avverso tale meccanismo di “compressione della carriera”, molti docenti hanno prodotto ricorso chiedendo che tutto il periodo fosse valutato per intero (tutti i 6 anni di almeno 180 gg di servizio)
I vari tribunali del lavoro hanno inizialmente accolto i ricorsi per poi, dopo alcune sentenze della Cassazione, cambiare orientamento e accogliere i ricorsi nei soli casi in cui il totale effettivo dei giorni prestati, nel nostro esempio 1400 giorni, fosse superiore al riconoscimento effettuato ai sensi art.489.
Nell’esempio che stiamo facendo, avendo l’interessato ottenuto un riconoscimento di 5 anni e 4 mesi esso è più favorevole rispetto al totale dei giorni di servizio prestato pari a 1400 giorni ( cioè anni 3 e mesi 10), per cui un eventuale ricorso sarebbe stato respinto. Lo stesso caso, però, esaminato solo alcuni mesi prima sarebbe stato accolto riconoscendo al docente 6 anni di servizio ai fini della carriera.
Cosa ha decretato, dunque, il governo, ispirandosi al nuovo orientamento dei tribunali del lavoro ?
Ha modificato l’art 489 , estendendo a tutti gli assunti dal 1.9.2023 il principio secondo cui va valutato il servizio effettivo e non più come anno intero l’aver svolto 180 giorni di servizio ovvero ininterrotto servizio dal 1 febbraio sino al termine delle lezioni e partecipazione agli scrutini. Concretamente il Governo illude i nuovi immessi in ruolo sul fatto che anche le supplenze brevi di alcuni mesi saranno valutabili, ma di fatto elimina il diritto a vedersi riconosciuti come anni interi i servizi resi per 180 giorni.
Un danno non indifferente e che incide sia sotto l’aspetto economico che giuridico per i futuri neoassunti con, in aggiunta, il timore che tale nuova normativa possa essere estesa anche alla valutazione dei servizi per l’inclusione nelle graduatorie GPS e per le operazioni di mobilità.
CARTA DOCENTI
La norma estende il beneficio dell’attribuzione della Carta del Docente, con un importo invariato di 500 euro, anche agli insegnanti con contratto di supplenza annuale su posto vacante e disponibile (fino al 31 agosto). Ancora una volta, si gioca al risparmio, lasciando fuori i supplenti al 30 giugno, che insegnano nelle scuole per l’intero anno scolastico ma che continueranno a non avere diritto ad aggiornarsi. Stessa cosa per il personale ATA. La norma introdotta non ha alcun senso giuridico, è discriminatoria, come di consueto offende la dignità e la professionalità del personale scolastico.