Date le continue richieste e segnalazioni ricevute, ricapitoliamo la situazione da un punto di vista normativo, di applicazione pratica e la recente giurisprudenza al riguardo.
L’obbligo di formazione e aggiornamento professionale riguarda tutti i docenti di ruolo che siano sotto contratto negli istituti pubblici, sia esso part time o full time. Si estende a tutti gli ordini e gradi di istruzione, di ogni ordine e grado.
Fonte contrattuale: il CCNL scuola stabilisce che tra gli impegni della “funzione docente” rientrano tutte le attività di ricerca, documentazione, aggiornamento e formazione.
Il Testo Unico della scuola riconosce la formazione/aggiornamento come diritto/dovere fondamentale che si traduce in un impegno/obbligo dell’amministrazione di rendere concreto l’esercizio di tale diritto.
La Legge 207/2015 prevede che “nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”. Questo breve comma, che non fa che parafrasare quanto previsto dal Contratto, ha generato negli anni una lunga serie di equivoci, gradualmente chiariti da varie circolari ministeriali.
Il passaggio fondamentale per la realizzazione della formazione, in quanto attività organizzata e strutturata, cioè oltre la possibilità dell’auto aggiornamento, resta il Piano di Istituto, annuale fino al 2015, triennale dopo tale data.
Per quanto ci siano state delle variazioni nei rapporti tra dirigente scolastico e organi collegiali, la formazione ‘obbligatoria’, non può non rispettare i consueti passaggi che garantiscono la corrispondenza tra analisi dei bisogni e attività formative, senza la quale la partecipazione non sarà e non può essere garantita. Tenuto conto del piano nazionale della formazione, del piano di miglioramento della scuola, e dei bisogni formativi emersi dai piani individuali di sviluppo professionale, il Collegio docenti, sulla base degli indirizzi del Dirigente scolastico, elabora il PTOF inserendo la previsione delle azioni formative e gli impegni in tal senso del personale in servizio.
Queste azioni potranno quindi essere realizzate in tre diverse modalità che non si escludono, ma si integrano: dalla scuola; dalla rete (progettazione territoriale); in autoformazione usando la carta docente. L’importante è che ci sia affinità e ‘rispetto’ del contenuto del piano di istituto e, quindi, del piano nazionale. Certamente una progettazione territoriale di rete potrebbe garantire alti standard di qualità, ma dovrebbe comunque rispettare le esigenze espresse dalle singole scuole, evitando assolutamente di tradursi nella consueta formazione indistintamente rivolta a tutti gli ordini di scuola e a tutti i docenti e affidata ai soliti ‘esperti di chiara fama’.
Ricordiamo che comprendere e realizzare lo spirito della nuova legge e del DPR 275/1999 (autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo) al quale essa evidentemente si ispira, significa innanzi tutto promuovere una cultura della riflessione e della ricerca che trasformi le scuole in comunità di sperimentazione basate sulla partecipazione attiva e non sulla fruizione passiva. Tutti i documenti della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa relativi all’istruzione e alla formazione del corpo docenti, insistono sulla centralità della formazione in servizio come parte integrante del più ampio obiettivo politico di aumentare l’attrattività e la qualità della profession,e come unici strumenti per far fronte alla crescente eterogeneità degli studenti, prevenire l’abbandono scolastico e sostenere lo sviluppo dei giovani per renderli discenti pienamente autonomi.
La nuova formazione in servizio ha un’obbligo: quello di garantire varietà e qualità delle opportunità formative, siano esse proposte dall’amministrazione o dagli enti accreditati. Il docente ha il solo obbligo di scegliere tra le varie opportunità, quelle più consone ai propri bisogni formativi nel quadro più ampio dei bisogni formativi del contesto all’interno del quale opera (scuola di servizio, territorio, priorità nazionali.
Se l’adesione a iniziative formative che prevedono cospicui investimenti sarà scarsa, significa che i fondi sono stati spesi male perché poco accurata è stata la scelta, la progettazione e l’articolazione dei percorsi proposti.
Tornando al comma 124 della legge 107/2015, la formazione “obbligatoria, permanente e strutturale” non ha vincoli di ore annuali, né nel triennio. Si tratta inequivocabilmente di formazione in servizio, ossia da svolgersi durante l’orario dei docenti previsto dal contratto. Non può e non deve rappresentare un aggravio di orario, rispetto a quello contrattualmente previsto. Deve, dunque, essere svolta all’interno delle 40 + 40 ore di attività funzionali.
Di importanza fondamentale, dunque, la sentenza della Corte di Giustizia Europea, emessa il 28 ottobre 2021 nella causa C-909/19, in cui viene specificato che la formazione obbligatoria rientra sempre nell’orario di servizio dei lavoratori. I contenuti della sentenza aprono ulteriori implicazioni per quanto riguarda l’obbligo formativo in materia di inclusione e per il tentativo di fare svolgere almeno un minimo di 25 ore di formazione in aggiunta all’orario di servizio dei docenti e senza nessuna retribuzione aggiuntiva.
La formazione dei docenti e del personale scolastico è una prerogativa di natura contrattuale, quindi è opportuno ricordare che la formazione in servizio è regolata dall’art. 63 del CCNL scuola 2006/2009, in cui è scritto che devono essere assicurate alle istituzioni scolastiche opportuni finanziamenti per la partecipazione del personale in servizio ad iniziative di formazione deliberate dal collegio dei docenti. Questo significa che la formazione, anche se imposta per legge, resta oggetto di contrattazione, di delibera collegiale e il suo svolgimento è da espletare durante le ore di servizio e non in ore aggiuntive al normale servizio.
Anche la Cassazione, con la sentenza n.7320/2019, ha specificato che la formazione obbligatoria rientra nelle 40 ore collegiali. La Corte, ha analizzato con precisione l’articolo 29 del CCNL 2007, confermato dal Contratto 2016/18, ritenendo che nelle attività funzionali del docente, quelle il cui carattere è collegiale, rientra anche la formazione e l’aggiornamento. Di conseguenza, qualora tali ore fossero state già espletate durante l’anno scolastico, devono essere retribuite con il Fondo di istituto. In mancanza di Fondi per retribuire queste ore aggiuntive, nessun obbligo di formazione può essere imposto al docente.