FORMAZIONE IN SERVIZIO. OGNI ANNO SI RIACCENDE LA QUERELLE: OBBLIGATORIA O NON OBBLIGATORIA ?

A partire dall’emanazione delle Legge 107/2015 (la “buona scuola”, questo aspetto della vita delle istituzioni scolastiche, come tanti altri, ha generato una serie interpretazioni poco corrette, ma tutte tendenti a quella deriva autocratica che è stata per anni il principale effetto della Buona Scuola.

Facciamo chiarezza, riportando brevemente le principali fonti normative e contrattuali riguardanti la formazione in servizio. 

Il Testo Unico della scuola (D. Lgs 297/94) riconosce la formazione/aggiornamento come un diritto / dovere fondamentale che si traduce in un impegno / obbligo dell’amministrazione di rendere concreto l’esercizio di questo diritto. 

Il CCNL scuola firmato a gennaio 2024, all’art. 44  (attività funzionali all’insegnamento), al comma 4 dispone: 

“Fermo restando che le ore di cui alle lettere a) e b) del comma 3 (attività collegiali) sono prioritariamente destinate alle attività collegiali ivi indicate, le ore non utilizzate a tal fine sono destinate, nei limiti di cui alle lett. a) e b), alle attività di formazione programmate annualmente dal collegio docenti con il PTOF.”

Quindi, nell’ambito delle 40+40 ore destinate prioritariamente a tali attività (per le quali richiamiamo l’attenzione dei docenti di quantificare e registrare l’ammontare di tale monte orario prestato) il residuo di ore non utilizzato  vanno destinate alla formazione.

La programmazione degli impegni collegiali e delle attività formative deve essere molto attenta perché, superate le ore previste dal contratto, non si può obbligare il personale docente a seguire attività formative, neanche se deliberate dal Collegio docenti. 

Se, come precisa il c. 7 dell’art. 36 del medesimo CCNL,  la formazione si svolge  in orario non coincidente con le ore destinate all’attività di insegnamento, è evidente che sono a carico del monte ore annuale delle attività funzionali e che,  qualora si prevedessero ore di formazione eccedenti quelle di cui all’art. 44, comma 4, queste dovrebbero essere remunerate  con compensi anche forfettari stabiliti in contrattazione integrativa, a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa di cui all’art. 78 del citato CCNL. 

Anche in questo aspetto della vita scolastica, è evidente il ruolo determinante della RSU nella fase di contrattazione (e non certamente soltanto sotto il solo profilo economico ma anche di obblighi o meno di servizio dei colleghi della scuola). 

L’obbligo a partecipare alle attività formative vige soltanto alle seguenti condizioni e ne rispetto dei seguenti passaggi: 

a) che siano deliberati del collegio docenti sulla base del  PTOF; 

b) che non eccedano il monte ore previsto per le attività funzionali (40 ore+40 ore).

Per quanto riguarda il punto A), è opportuno fare un ulteriore precisazione: poiché la formazione è innanzi tutto un diritto per il docente e un dovere per l’amministrazione, qualora il singolo docente ritenga di avere già un’adeguata formazione relativamente ai percorsi scelti dall’organo collegiale (e possa anche dimostrarlo con attestati di corsi già svolti), può farlo presente in sede di delibera.

Ricordiamo che c’è sempre la possibilità e la scelta dell’autoformazione che consente, grazie alla carta del docente (finché ci sarà), di scegliere tra i corsi proposti dall’amministrazione scolastica o dagli enti accreditati ciò che corrisponde ai propri bisogni formativi. 

Quanto sopra ha lo scopo di chiarire la questione dell’”obbligo formativo” e del diritto individuale a formarsi, da un punto di vista contrattuale. 

Non si intende minimamente sminuire il valore della formazione per la professione docente, al contrario. 

Un aspetto cardine della scuola dell’autonomia, come prevista dal  D.P.R. 275/1999, è la realizzazione dell’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo. 

Tutti i documenti della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa relativi alla formazione del corpo docenti, insistono sulla centralità della formazione in servizio come parte integrante del più ampio obiettivo politico di aumentare l’attrattività e la qualità della professione e come unici strumenti per far fronte alla crescente eterogeneità degli studenti, prevenire l’abbandono scolastico e sostenere lo sviluppo dei giovani per renderli pienamente autonomi. 

L’Unione Europea indica anche quali sono gli strumenti privilegiati per raggiungere questo obiettivo: la riflessione costante finalizzata all’autoformazione; l’enfasi sul fatto che siano gli insegnanti stessi a generare nuova conoscenza sulla teoria e sulla prassi didattica, che diventino ricercatori, innovatori e collaboratori attivi, trasformando le scuole in comunità di pratiche e ricerca.

Affinché tutto ciò si realizzi, tuttavia, non bastano le poche ore di formazione in servizio o la carta del docente: la formazione di qualità deve occupare il tempo oggi occupato da adempimenti e impegni che vanno ben oltre l’obbligo contrattuale, impegni ed obblighi sostanzialmente non quantificati e non quantificabili e, soprattutto non  remunerati.

Alla base di tutto quanto sopra deve esserci una retribuzione adeguata a quanto si richiede oggi alla professione docente in termini di titoli di accesso, formazione, competenze, qualità, impegno orario (effettivo), rischio burn-out. 

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